CHE LEGAME C'È
TRA POLVERI SOTTILI
E SARS-COV-2?

Tra i molti dibattiti alimentati dall’attuale emergenza sanitaria, uno in particolare ci sta a cuore, perché legato a doppio filo con la ragion d’essere di Rego Sistemi, ossia la nostra mission: abbattere l’inquinamento atmosferico e mantenere salutari gli ambienti di lavoro.

Esiste una relazione tra inquinamento atmosferico e Coronavirus?

I cieli azzurri sopra le metropoli di tutto il mondo sono diventati un segno visibile della pandemia. È un cambiamento positivo per molti, non ultimo perché l’inquinamento, soprattutto quello atmosferico, è causa di morte per più di 8 milioni di persone in un solo anno.

Con l’arrivo del Covid-19 si è manifestato un nuovo pericolo legato alle particelle inquinanti, che potrebbero costituire un veicolo per il virus.

Uno studio svolto da ricercatori e medici della SIMA (Società italiana della Medicina Ambientale), guidati dal prof. Leonardo Setti dell’Università di Bologna ha utilizzato i dati forniti dalle ARPA e dalla Protezione Civile per verificare la correlazione tra la diffusione del virus e la densità del particolato atmosferico. Il Sars-CoV-19, insomma, potrebbe “fare l'autostop” sulle particelle di PM10.

Questo dimostrerebbe il motivo per il quale il Coronavirus si sia diffuso velocemente e principalmente nella Pianura Padana e nelle regioni adiacenti. In queste regioni l’inquinamento atmosferico è molto elevato e, più volte durante i mesi di gennaio e febbraio, i livelli di PM10 hanno superato i limiti accettati per legge. Il numero di casi infetti da Covid-19 appare correlato a questo dato poiché è proprio in queste zone che il virus ha avuto un’espansione molto rapida. Nella sezione conclusiva, si legge:

Tali analisi sembrano quindi dimostrare che, in relazione al periodo 10-29 Febbraio, concentrazioni elevate superiori al limite di PM10 in alcune Province del Nord Italia possano aver esercitato un’azione di [carrier e di] boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia in Pianura Padana che non si è osservata in altre zone d’Italia che presentavano casi di contagi nello stesso periodo. A questo proposito è emblematico il caso di Roma in cui la presenza di contagi era già manifesta negli stessi giorni delle regioni padane senza però innescare un fenomeno così virulento. […] Come già riportato in casi precedenti di elevata diffusione di infezione virale in relazione ad elevati livelli di contaminazione da particolato atmosferico, si suggerisce di tenere conto di questo contributo sollecitando misure restrittive di contenimento dell’inquinamento.

È bene specificare che lo studio è stato presentato in un documento di posizione (position paper): la sua natura dichiarata è quindi quella di avviare e focalizzare un dibattito scientifico alla luce di osservazioni e conclusioni che necessitano di essere confermati da studi più approfonditi. 

L’importanza dello studio rimane, ed è ben riassunta da Fabrizio Bianchi, capo dell’Unità di epidemiologia ambientale e registri di patologia all’Istituto di fisiologia clinica del CNR, intervistato da Greenpeace, che pur delineando i limiti dello studio sottolinea che “il supporto a favore di misure restrittive di contenimento dell’inquinamento ritengo sia un monito su cui concordare”.

Il fenomeno del particolato fine come vettore per altri inquinanti resta noto e comprovato per altri fattori inquinanti (come per gli IPA, idrocarburi policiclici aromatici).

Un altro studio, incentrato sulla qualità dell'aria nelle province settentrionali italiane della Lombardia e dell'Emilia Romagna, ha registrato una correlazione tra i tassi di mortalità Covid-19 e alti livelli di inquinamento. La Lombardia rappresenta la stragrande maggioranza dei decessi del paese, con 13.325 dei 26.644 italiani del 26 aprile, mentre l'Emilia Romagna era la provincia con il maggior bilancio delle vittime, a 3.386. I ricercatori hanno messo in dubbio il ruolo della bassa qualità dell'aria, concludendo che "l'elevato livello di inquinamento nel nord Italia dovrebbe essere considerato un ulteriore cofattore dell'alto livello di mortalità registrato in quella zona".

Anche negli Stati Uniti, alcuni ricercatori stanno portando avanti una ricerca che suggerisce come l'inquinamento atmosferico abbia significativamente peggiorato l'epidemia di Covid-19 e portato a un numero maggiore di morti. Oltre a predisporre al contagio le persone che hanno vissuto con aria inquinata per decenni, l’ipotesi al vaglio è ancora una volta che le particelle di inquinamento dell'aria possano agire come veicoli per la trasmissione virale.

Anche piccoli aumenti del particolato fine, noto come PM2.5, avrebbero avuto un effetto fuori misura negli Stati Uniti. Un aumento di appena 1 microgrammo per metro cubo corrisponde a un aumento del 15% dei decessi Covid-19, secondo i ricercatori, guidati da Xiao Wu e Rachel Nethery presso la TH Chan School of Public Health dell'Università di Harvard.

Anche in questo caso lo studio deve essere sottoposto a revisione paritaria da parte di esperti indipendenti, ma il messaggio più rimane sempre il medesimo: l'inquinamento atmosferico indebolisce il sistema immunitario, compromettendo la capacità delle persone di combattere le infezioni. Il sito dell'EPHA (Alleanza Europea per la Salute Pubblica) riporta chiaramente:

La forte correlazione tra inquinamento atmosferico e COVID-19 potrebbe essere spiegata dall'impatto negativo sul sistema immunitario. Ciò è stato dimostrato per altre malattie, e probabilmente è anche il caso di COVID-19. L'effetto non ha riguardato solo i livelli di inquinamento al momento dell'epidemia, ma anche i livelli degli anni precedenti, indicando che un'esposizione precedente aveva probabilmente compromesso la capacità delle persone di combattere la malattia.

Da ultimo, anche l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) con il Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (SNPA) hanno avviato uno studio epidemiologico a livello nazionale per valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associati agli effetti sanitari dell’epidemia.

In attesa del proseguo di esperimenti e ricerche, siamo più che mai motivati a continuare a operare “per un ambiente più pulito”, in un contesto dove è più che mai necessario che produzione ed ecologia siano uniti da un forte legame, per favorire il benessere delle aziende tanto quanto quello delle persone.